GaGa per Panorama: “Sembro forse un’idiota?”

“Camminare a testa alta come un re oppure strisciare come un serpente. Questo è quello che offre la vita e io ho scelto la prima opzione”. Attacca per difendersi Lady GaGa, italoamericana di New York, in testa alle classifiche americane e inglesi con Just dance, hit per discoteche che non ha altre velleità se non quella “di farvi muovere le chiappe”. Aggressiva, sapientemente sfrontata, con un look Settanta-Ottanta assemblato nei magazzini vintage di New York, Joanne Stefani Germanotta (il vero nome), famiglia di Palermo, ha già tatuati sulla pelle i veleni dei molti che la considerano solo “una lap dancer che ha imbroccato il pezzo giusto”.
Diciamo che la sua immagine non l’aiuta a essere presa sul serio. Ma d’altra parte le popstar hanno come missione quella di piacere al pubblico, non ai critici.
Me ne infischio dei critici. Il punto è che se una donna ce la fa dev’essere per forza passata dal letto di un uomo. Ma nessuno lo scrive a chiare lettere, è tutto un gioco di allusioni. Altro che parità tra i sessi. Se uno si mette l’ovatta nei pantaloni per sembrare più dotato è un fico, se io m’infilo una minigonna mozzafiato sono una prostituta.
Non vorrà fare un comizio femminista… Spieghi invece la vera storia della sua irresistibile ascesa.
Ho un motto: io sono il miglior affare su cui investire. Le faccio un esempio: quattro anni fa, quando ero una perfetta sconosciuta, mi mettevo fuori dai club frequentati dai vip in pantaloni di pelle attillatissimi, mini T-shirt e capelli cotonati come Madonna agli esordi. Dopo cinque minuti d’attesa i guardaspalle mi spalancavano le porte credendo che fossi una star. È un modo per dire che se credi ciecamente in te stessa non ci sono muri che non puoi abbattere.
E chi è il suo stilista?
Ho un look orribile, vero? Ma funziona. E sa chi sono stati i miei consiglieri? Gli amici dei club per uomini che frequento a New York. I gay sono avanti, leggono le tendenze in anticipo e, quando si parla di immagine, non ne sbagliano una. “Buttati sul revival: se ti vesti così, a metà strada tra la prima Madonna e gli Abba, alcuni rimarranno disgustati, gli altri correranno a comprare i tuoi cd” mi dicevano quando ero un po’ titubante. Alla fine, hanno avuto ragione. Li adoro.
Che fine ha fatto l’educazione cattolica ricevuta alla Convent Sacred Heart school di Manhattan?
Sono credente nonostante quella scuola, un istituto privato per sole ragazze che si vestivano come se fossero a un convegno di suore di clausura. Il preside era infuriato per le mie minigonne e le camicette sbottonate. Forse il pizzo del reggiseno lo turbava troppo. Lui e gli insegnanti mi avrebbero sbattuto fuori volentieri, però il mio rendimento scolastico era eccezionale. Quindi soffrivano in silenzio. Se avessi fatto un errore mi avrebbero inchiodata, ma io non bevo alcol e non tiro cocaina. Quella è roba per perdenti, per gente che ha bisogno di facili evasioni. Io mi drogo di me stessa.
Parliamo del titolo del suo cd, “The fame”. Nella sua vita che peso ha avuto l’ossessione per la celebrità?
Se vuole una risposta ipocrita, le dico che la fama non conta nulla e che i veri valori sono altri, blah, blah, blah. In realtà tutti vogliamo essere famosi, tutti desideriamo il nostro quarto d’ora di celebrità. Per me 15 minuti sono pochi, quindi sto facendo di tutto perché il sogno si prolunghi. Certo, andare a un reality show e mettersi nuda in un letto con un pitone arrotolato addosso ti rende famosa. Ma poi è difficile costruire una carriera.
Lei invece che strada ha scelto?
Quella di passare per un’insopportabile idiota. Ho capito che è la tattica migliore. Tutti credono che io passi i miei pomeriggi in un centro estetico o a comprarmi abiti da baraccone in giro per New York. Invece, mi chiudo in casa a scrivere canzoni e ogni giorno divento sempre più brava. Quasi nessuno s’è accorto che nell’ultimo cd di Britney Spears c’è un brano, Quicksand, scritto da me. In questi giorni sto componendo per le Pussycat Dolls e molti rapper sono interessati alle mie canzoni.
Il suo nome d’arte è un omaggio alla canzone dei Queen “Radio GaGa”?
Sì, ho sempre adorato Freddie Mercury. L’idea del nome è venuta al produttore del mio disco.
Di lei si dice che sia bisex. Facciamo chiarezza?
Chi mi conosce da vicino dice che sono un gay intrappolato nel corpo di una donna. Non so se è esauriente, ma mi sembra una risposta molto cool. Magari ci farà il titolo del suo articolo… O magari penserà che sono scema.